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Nuova consapevolezza


di rasss
09.10.2019    |    8.938    |    3 9.8
"Io e lo sconosciuto ci guardammo con una inaspettata complicità..."
Spese estive
Lo scorso anno ho accompagnato mia moglie a far compere nel periodo dei saldi estivi. Nel tragitto in macchina da casa al centro commerciale scoppiava l’ennesima lite. Aveva da ridire, in genere, sul nostro rapporto e, in particolare, sul fatto che, secondo lei, non le riservavo più le attenzioni degli inizi. Mi opposi a tale sua tesi, facendole presente che era sbagliata visto che scopavamo diverse volte a settimana e non perdevo mai occasione di farle un complimento o coccolarla un po’. Secondo lei tuttavia, era venuto meno quel pizzico di “pepe” che rendeva speciale il nostro rapporto, l’assecondare il suo desiderio di essere presa all’improvviso come una troia: ad esempio, nel cesso di un ristorante o mentre eravamo in macchina in fila al casello dell’autostrada.
Dissi che forse, col passare del tempo era un po’venuta meno l’incoscienza dei vent’anni e che oramai eravamo in una fase più matura del rapporto.
Poi feci una battuta davvero cretina che la mandò su tutte le furie. Le dissi “forse dovremmo provare qualcosa a tre o a quattro. Magari ci ravviva un po’”.
Chiuse ogni canale di comunicazione dicendo che se avevo tanta voglia di vederla fare la troia, mi avrebbe accontentato.
Lasciai stare pensando che dovesse, come al solito, semplicemente sbollire.
Una volta arrivati nello shopping center, per farmi innervosire si mise a fare la cretina con un commesso sulla trentina, tutto muscoli e niente cervello, tatuato e ben disposto verso il generoso decolleté del vestitino che lei indossava.
Dopo aver scelto diversi capi da provare, appesi qui e lì nella boutique tanto grande quanto deserta, chiese al commesso di accompagnarla al camerino di prova.
Trascorse molto tempo e iniziai a spazientirmi. Perciò mi recai nella zona dei camerini.
Erano tutti vuoti tranne uno. Chiamai lei, ma non ebbi risposta.
Scostando la tendina vidi lui seduto con gli occhi chiusi e lo sguardo ebete, mentre lei, in ginocchio, era intenta a fargli un gustoso pompino. Aveva gli occhi socchiusi la troia, la parte posteriore del suo morbido vestitino celeste raccolta sulla schiena lasciava scoperto il suo culo perfetto. Teneva la sua brasiliana rosa scostata di lato rispetto alla figa completamente depilata, con la mano destra masturbava le sue grandi labbra gonfie e succose, oramai rosse per il tormento che si stava ossessivamente infliggendo. La mano era bagnata fino al polso dal liquido che le fuoriusciva in abbondanza dalla figa e riluceva nella luce. Medio e anulare scomparivano nella sua fessura dischiusa. I suoi gemiti accompagnavano il movimento ritmico della sua testa. Le guance erano concave mentre ciucciava e scorreva la lunga e tozza asta del commesso, lucida di saliva.
Lo ingoiava serrando bene le labbra intorno alla sua circonferenza, soffermandosi con dedizione sulla cappella. La tormentava con la lingua, mentre con la mano sinistra impugnava il cazzo come uno scettro. Lo scettro della regine delle troie, pensai tra me e me. Quando il cazzo di lui iniziò a pulsare per liberarsi della incontenibile voglia che gli montava dalle viscere, lei aumentò il ritmo e l’intensità, fin quando lui non venne schizzandole la sua sborra in parte nella bocca in parte sul viso. Lei amorevolmente riprese a leccarlo, ingoiando tutto il viscidume che era fuoriuscito dal cazzo. Si concentrò bene nella parte tra corona e prepuzio, avendo cura di pulirla con la punta della lingua e titillandolo provocatoriamente ancora un po’. Succhiò profondamente il suo buchino. Poi si alzò e vedendomi disse “amore ti è piaciuto vedermi quanto so essere troia, all’improvviso?”.
Non sapevo cosa rispondere. Percepivo soltanto il cazzo pulsarmi nei pantaloni e una voglia crescente di scoparla.
Mentre maturavo l’idea di quello che avrei fatto, riuscii solamente a dirle “siediti troia!”.
Lei, che aveva capito benissimo, si sedette sul commesso che era rimasto tramortito sulla panca nel camerino e allargò le gambe. Scostò di nuovo le mutandine e disse con tono provocatorio: “mettici un po’ di pepe ora, dai, tira fuori le palle”.
Non me lo feci ripetere due volte, mi abbassai i pantaloni e le infilai il cazzo in figa mentre era semidistesa sul commesso. La sua fessura era come il burro, calda e morbida. La impalavo, senza nessun riguardo, dal basso verso l’alto per farle sentire ancor di più quanto ero arrapato. Poi la baciai in bocca. Puzzava ancora intensamente della sborra che aveva ingoiato poco prima. Mi infilò la lingua in bocca e mi baciò come non mai. Prima provai disgusto, ma presto mi piacque quel sapore di piscio misto a uovo salato che le invischiava la bocca. Lei, tenendomi per i capelli, avvicinò la bocca all’orecchio e mi sussurrò “sai che mi piace la sborra? Mi piace tanto anche quella degli altri”. Facciamo una cosa a tre. Ho voglia di sentire un cazzo scorrermi in figa mentre un altro mi spacca il culo”. Il commesso, che intanto si era rianimato, mentre era disteso sotto di lei, le accarezzava le tette, il ventre e i fianchi. Le sue parole lo avevano evidentemente rianimato ed eccitato. Lei ci disse “ragazzi, fatemi felice. Scopatemi come si scopa una puttana”.
Io e lo sconosciuto ci guardammo con una inaspettata complicità. Quello mi disse “vuoi metterglielo in figa o nel culo?”. “In figa, se non ti dispiace, le sborro solo io”, dissi. Lei mi fece cenno di no. “Eh no caro, lascia che sia il nostro ospite a riempirmi la figa della sua crema calda e saporita”. Poi disse “ora ragazzi basta parlare, fatemi felice, riempitemi di cazzo!”.
Mi sedetti sulla panca e dopo averle inumidito il buco del culo con la punta delle dite insalivate la sollevai tenendola per le natiche e lo portai in corrispondenza del mio cazzo completamente in tiro e scappellato. Evidentemente non era alla ricerca di tanta delicatezza. Infatti, si impalò, quasi impaziente, in un solo colpo sul mio cazzo. Grugnì di piacere piegando il collo all’indietro, ma non lasciò spazio a quel momento tra noi perché subito tirò a sé il commesso che senza alcuna grazia o gentilezza le affondò il cazzo in figa in un solo colpo. A lei evidentemente piacque la veemenza con la quale lui la stava possedendo, perché gli afferrò le natiche incitandolo a penetrarla sempre più forte. Gli teneva la testa e la indirizzava dove desiderava essere baciata. Il porco la leccava ovunque, sul collo, il seno, le scapole e mentre la baciava continuava a fotterla senza fermarsi mai. Io immobile sotto il peso di entrambi, avvertivo nitidamente il suo cazzo scorrere contro la parete del retto a pochi millimetri dal mio. Lei, come in preda ad un raptus, godeva ossessivamente, dicendo “sono una proprio una cagna”. Poi, rivolgendosi a me, disse: “allora, ti piace vedermi come mi monta un altro?! Come mi sfonda la figa e mi fa godere?!”, “ti piace vedere quanto sono troia?!”, “lo sento dentro come non mai”, “vorrei tanto che ci fosse un altro cazzo a riempirmi la bocca”.
Le sue parole erano un afrodisiaco talmente potente che ad un tratto mi ritrovai a sborrale in culo con lei con tono di rimprovero mi diceva “ma come sei già venuto. Non ce la fai proprio a non eccitarti nel vedere i veri maschi che mi distruggono a colpi di cazzo, eh?!”.
Poi si rivolse all’altro e gli intimò di sborrarle in figa … “ora devi riempirmi bene la figa, devi riempirmi bene, vogli sentirla colare fuori e quando hai sborrato non fermarti, continua a scoparmi come se non ci fosse un domani …”. Mentre stava finendo di parlare quello inizio a gemere e godere. Lo sentivo biascicare e farfugliare “che pezzo di figa che sei, ora ti riempio per bene, come piace a te, zitta e godi, puttana …”. All’improvviso si liberò le palle accompagnando il suo orgasmo con un rumoroso rantolio liberatorio “aaaaaaaaahhhh”, mentre lei godeva e gridava “siiiiii, siiiiii, siiiii, siiiii, sborraaaaaa”.
Rimanemmo in quella posizione un tempo indefinito, con il respiro affannato, avvolti da un odore di sesso e sudore, fin quando i nostri cazzi, rimpicciolitisi, sgusciarono via dai suoi fori scivolosi per via dei liquidi viscosi che li avevano colmati.
Lei non aveva intenzione di ricomporsi prima di andare via. Si sistemò soltanto le mutandine per evitare che tutto quel liquido le colasse lungo le gambe. Mi guardo e disse “voglia andare via con addosso la consapevolezza di essere una vera troia e un odore adeguato. Portami a fare altro shopping. Questo posto è pieno di bellissime boutiques”.
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